" Dopo un buon pranzo, si può perdonare tutto persino i propri parenti" O.Wilde
lunedì 14 giugno 2010
dedicato alla poesia
Cerco disperatamente parole. Mi accanisco contro emozioni e sensazioni che vorrei esprimere, perchè ho bisogno di esprimerle, ma non ci riesco.
Mi soffermo ad osservare un istante che improvvisamente si imprime sotto la mia pelle, ed ogni volta ho paura che mi sfugga: ho paura di non riuscire a coglierne la bellezza ed assaporarne la più semplice e pura essenza. M'incanto di fronte agli occhi che innocenti scrutano i miei: vedo il riflesso del mio dubbio e la loro curiosità e vorrei poterli amare, solo per poter poi sfogarmi su di un foglio, un universo svincolato da ogni logica, colmo di passione e non senso.
Fintanto che le parole sgorgano e nutrono il mio animo, mi gonfio d'incanto. Evanescente, senza limite alcuno nè consistenza. E' uno stato di grazia, dove il mondo esterno è in comunicazione con ciò che al più profondo risiede. E' scavato dalla malinconia, dal dolore, dalla gioia e dal rimorso, dalla perdizione. E' sconcertante come la sofferenza sfidi la mia razionalità, inclinandola verso fosse ancora più profonde, ma confortanti. Il senso di protezione e di importanza che ne scaturisce m'inabissa ancor più nell'oblio.
Poi la confusione: penetra nei miei pensieri, lasciandomi boccheggiante di fronte a frasi che non ho mai scritto. E non le capisco... mi ammaliano la loro forma, il loro suono, ma non sono altro che ricordi slegati di un'altra persona. Svanisce l'incanto, mi sento agonizzante di fronte ad una realtà che mi ripiomba addosso, ora più pesante e oppressiva. E mi sento perduta.
Invece...
- claudia dedo -
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